Conflitti

Perché gli Stati Uniti sono un impero che si serve da sé

Intervista a Tariq Ali
21 ottobre 2007
Tariq Ali, Byron Tau
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: The McGill Tribune e www.zmag.org - 13 ottobre 2007

Tariq Ali ha avuto una varia e lunga carriera come attivista politico, redattore della rivista New Left, autore di documentari, giornalista e musa ispiratrice di Mick Jagger per la canzone “Street Fighting Man” dei Rolling Stones nel lontano 1968. Anche se egli potrebbe non “gridare ed urlare”, “uccidere il re” o “inveire contro i servitori”, ha accettato di discutere con il Tribune dei punti piu’ interessanti del suo lavoro.

Quale critico della politica statunitense in generale, lei pensa che gli Stati Uniti siano troppo spesso scesi a compromessi con i regimi autoritari alle spese di movimenti democratici?

Fondamentalmente gli Stati Uniti non la pensano cosí. Pensano in termini di chi serve i propri interessi nel miglior modo possible. Se si tratta di un regime democratico, collaboreranno con questo; se si tratta di un regime militare, lavoreranno con questo; se si tratta di una monarchia separata dal proprio popolo, allora sceglieranno questa. Ci sono tanti tipi di regimi con i quali sono disposti a collaborare. Gli USA hanno un solo parametro: questo ci é utile o no? Io credo nel migliorare e potenziare la democrazia e la responsabilitá democratica ad ogni livello, ma questo non é il modo in cui il mondo funziona al momento.

Nel suo libro “The Clash of Fundamentalism”, lei vede il terrorismo globale all’indomani del 11 Settembre come uno scontro tra due ideologie fondamentaliste differenti: i jihadisti islamici e la politica estera Americana radicale imperialista. Puó approfondire questo suo pensiero?

La politica estera americana ha essenzialmente aiutato a produrre gli individui contro i quali sta ora lottando. Il processo che ha portato alla formazione di molti leader jihadisti era stato attuato dalla jihad supportata dagli USA contro i russi in Afghanistan alla fine degli anni 80 e all’inizio degli anni 90. E’ difficile comprendere la rabbia dei jihadisti nei confronti degli USA se non si conosce che parte della loro rabbia é dovuta al fatto di essere stati scaricati dagli Stati Uniti. I jihadisti erano soliti ricevere armi e denaro dagli Stati Uniti, ma quando questi aiuti cessarono in seguito al crollo del comunismo, molti jihadisti si mossero in direzioni diverse e decisero di sfidare gli USA.

Puó precisare cosa intende per “fondamentalismo” nella politica estera Americana?

Sto parlando del concetto di fondamentalismo imperiale. Gli imperi agiscono nei propri interessi e intendono definire questi interessi come interessi della civiltá occidentale. Questo da’ alle loro azioni un certo fondamentalismo, che essendo gestito da loro, dev’essere senz’altro giusto. Questa certezza, che rappresenta il marchio del fondamentalismo piú imperiale, particolarmente evidente nel Vice Presidente Americano Dick Cheney ed il precedente Segretario della Difesa Americano Donald Rumsfield, é qualcosa di molto simile all’ispirazione divina rivendicata dai fondamentalisti religiosi.

Nel “The Clash of Fundamentalisms” c’é una citazione alquanto controversa che afferma “I sudditi dell’Impero hanno risposto all’attacco” con riferimento all’ 11 Settembre. Lei pensa che la politica estera americana durante la Guerra Fredda sia stata responsabile per gli eventi dell’ 11/09 e del terrorismo alla fine degli anni 90?

Credo si tratti di un’opinione appena controversa. Uno storico americano molto eminente, in passato consulente dei servizi segreti americani, scrisse un libro chiamato Blowback, pubblicato nell’estate del 2001, in cui raccontava di come prima o poi gli Stati Unti sarebbero stati colpiti da un attacco terrorista per via di quello che stavano combinando. Il libro fu ignorato fino al fatidico 11 Settembre, come vede quello che sto dicendo non é cosi’ controverso.

Alcuni affermano che la politica estera americana sia guidata da un’ideologia liberale, mentre altri enfatizzano le risorse. Quale paradigma ritiene piú appropriato per definire la politica statunitense?

Gli Stati Uniti volevano occupare l’Iraq e rovesciarne il regime in modo tale da affermare la propria egemonia globale. Non avevano bisogno del petrolio, ma volevano stabilire un certo controllo su di esso, contrastando il potere dei cinesi e di altri concorrenti orientali. Non credo assolutamente a queste sciocchezze liberali riguardanti il diritto ad invadere una nazione per renderla un modello democratico. Perché non hanno fatto lo stesso con l’Arabia Saudita e l’Egitto, paesi con i quali sono alleati da molto, molto tempo?

Uno dei suoi libri é sottotitolato “La ricolonizzazione dell’Iraq”. Puó spiegare la dinamica di ricolonizzazione che lei ritiene stia avendo luogo in Iraq?

Se decidi di occupare una nazione, rovesciarne il governo e stabilirvi il tuo regime, stai essenzialmente portando avanti un processo di colonizzazione. Il motivo per cui ho detto “ricolonizzazione” é dovuto al fatto che l’Iraq era stato creato come colonia britannica grazie ad un mandato delle Nazioni Unite, e stavo spiegando nel mio libro come gli iracheni abbiano una memoria storica. Hanno resistito ai britannici e li hanno scacciati, hanno poi fatto lo stesso con gli Stati Uniti, ció é accaduto nel momento stesso in cui i vostri cosiddetti “interventisti liberali” insistevano che gli americani sarebbero stati accolti con dolciumi e fiori. E’ per questo che ho utilizzato la formula di ricolonizzazione – se provi a ricolonizzare una nazione, crei una resistenza, ed é esattamente quello che sta succedendo in Iraq.

Note: Traduzione a cura di Federica Gabellini per peacelink.org

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Link al testo originale: http://www.zmag.org/content/print_article.cfm?itemID=14028§ionID=72
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