Un mestiere contro le armi

28 settembre 2007
Paolo Serventi Longhi (FNSI)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

In Birmania è strage e repressione. Un regime militare oligarchico e fascista non accetta la pur blanda contestazione di monaci e contadini e reagisce con brutalità uccidendo decine di manifestanti ed arrentandone migliaia. Già visto, in Sud America come in altri paesi dei cinque Continenti. Ma sempre più insopportabile. Come non è più possibile accettare che la repressione coinvolga massicciamente, come accade da sempre, l'informazione, i media e i giornalisti.
Come un anno fa nel vicino Nepal decine di giornali e radio non omogenei al regime, sono stati chiusi a Rangoon e nelle altre città birmane, i giornalisti spesso arrestati e incarcerati senza processo. Due giornalisti sono stati uccisi nelle ultime ore a Rangoon e Yangon. Quando i principi elementari della convivenza democratica vengono calpestati ed offesi il primo diritto ad essere cancellato è qiello di informare i cittadini, di raccontare la realtà.
Sono ormai oltre 120 i giornalisti uccisi e migliaia i feriti in tutto il mondo nel 2007. Una carneficina che ha come soggetti responsabili tutti coloro che promuovono e finanziano le guerre e le dittature. E corresponsabili sono quei media ed anche quei nostri colleghi giornalisti che nascondono, travisano, mistificano la realtà, evitano accuratamente di approfondire e spiegare all'opinione pubblica la genesi dei conflitti e delle ribellioni dei popoli contro i poteri. Quei tanti, invece, che nella nostra professione, vogliono conoscere, comprendere e raccontare la verità rischiano grosso: omicidi, aggressioni, minacce, sequestri. Quanti agghiaccianti racconti di morte di professionisti dell'informazione abbiamo ascoltato. Certo non muoiono solo i giornalisti, ma il nostro mestiere viene colpito due volte, nel fisico e nella impossibilità di esercitare il diritto-dovere di informare.
Per questo un vasto movimento di giornalisti e di media si mobilita ogni qual volta il diritto all'informazione è negato. Non posso non ricordare la massa di persone che sfilò a Roma dietro lo striscione del manifesto per chiedere la liberazione di Giuliana Sgrena.
Per questo abbiamo chiesto, la Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) ha chiesto, che il diritto a conoscere la realtà sia considerato dall'Onu un diritto umano primario. Per questo pensiamo che rivendicare i diritti primari rappresenti uno dei più alti momenti di mobilitazione per la pace, quella vera.
Per questo anche noi giornalisti siamo stati nuovamente in piazza a Roma, al Campidoglio, per protestare contro la repressione in Birmania, un paese sono apparentemente lontano, e contro quelle grandi nazioni, come la Russia e la Cina, che strizzano l'occhio a quel regime. Magari perchè hanno molti interessi in gioco e scheletri nell'armadio, a cominciare da quel simbolo della lotta per la democrazia e la libertà di informazione che è oggi più che mai Anna Politovskaia.

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