Emittenza

Una riforma cruciale con troppi nemici

9 ottobre 2007
Pietro Folena (Presidente commissione cultura della camera)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Come è noto, l'ultima conferenza dei capigruppo della Camera non ha calendarizzato, nei prossimi 3 mesi, la discussione del disegno di legge Gentiloni per la transizione al digitale terrestre.
Questo ddl non è uno dei tanti. Prima di tutto è l'abolizione della legge Gasparri, sulla quale pende la procedura di infrazione da parte della Commissione europea per il mancato rispetto delle elementari regole di pluralismo e concorrenza. La legge Gasparri, infatti, salva l'attuale situazione di monopolio provato ed anzi la rafforza.
Inoltre questa riforma era uno dei punti centrali del programma di governo con il quale ci siamo presentati agli elettori.
Insomma, le sanzioni rischiano di essere due: quella dell'Unione europea e quella di chi ci ha votato. Non eliminiamo il precariato, non variamo il conflitto di interessi, non cancelliamo la Gasparri. Di motivi per una bella multa elettorale ce ne sono molti.
Non nascondiamoci dietro a un dito. C'è una parte della maggioranza e del governo - forse una parte maggioritaria, in ogni caso una parte molto influente - che non vuole l'approvazione di questa legge.
Nelle commissioni cultura e trasporti abbiamo fatto un lavoro di precisione, emendando il testo e migliorandolo notevolmente, insieme al ministro. L'ultima modifica, ad esempio, riguarda i diritti degli utenti a fruire in libertà dei contenuti secondo i propri desideri e non quelli degli operatori (in pratica, a poter registrare film e partite per vederle in un secondo momento).
Abbiamo creato anche un clima diverso, inaspettato date le premesse, in cui una parte dell'opposizione ha svolto un ruolo costruttivo. Tutto è andato più o meno liscio, certo si potrà criticare la lentezza dell'esame, qualcuno lo ha fatto per addossare anche alla mia persona delle responsabilità e per allontanare le proprie, ma superare così l'ostruzionismo credo sia stata una mossa intelligente.
Ora che le commissioni hanno praticamente finito l'esame, c'erano le condizioni per l'approdo in aula in questo mese. Un esame che avrebbe potuto licenziare il testo in pochissimo tempo. Invece, così non è stato.
Quando il governo presenta un ddl così importante, su cui gravano le sanzioni di cui sopra, non può scordarsi di chiedere la calendarizzazione. Se non lo fa evidentemente è perché c'è una non dichiarata volontà di non approvarlo, oppure di mitigarlo, attraverso un accordo con l'opposizione (con l'altra parte dell'opposizione).
E' facile rendersi conto che questa è una legge scomoda, perché tocca interessi consolidati. Non è perfetta, anzi potrebbe incidere ben di più, e noi nelle commissioni abbiamo lavorato per questo, ma detta delle regole e stabilisce certe sanzioni. Soprattutto, è una «riforma» nel senso proprio del termine, cioè una legge che tende a modificare lo status quo e non a mantenerlo.
Per questo le pressioni per insabbiarla sono forti.
Ora il governo e la sua maggioranza hanno una sola strada: la modifica del calendario dell'aula.
E' una strada tecnicamente difficoltosa per l'arrivo della finanziaria, ma è l'unica percorribile.

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