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Siamo difronte a sfide inedite, enormi, gigantesche

"Se la Democrazia vive l'inquietudine"

La Politica oggi dovrebbe liberare il campo dall'avanspettacolo e invece convocare la scienza e la cultura e dare alle giovani generazioni un'indicazione: il futuro non è fatto di veline, di Grandi Fratelli e di Miss Italia ma è fatto della capacità di scommettere su un proprio personale futuro di responsabilità
26 settembre 2007
Nichi Vendola (Discorso alla presenza del Presidente della Camera Bertinotti)

. Sarebbe una dssipazione di intelligenza ridurre questa occasione a una celebrazione retorica. Quando una democrazia vive un momento di crisi, di inquietudine, come quella che attraversa l’Italia intera, tornare a riflettere criticamente sulle radici della storia democratica è un'occasione importante per provare a costruire una diagnosi precisa dei mali che incupiscono.

Quello che avevano di fronte i nostri padri costituenti, era un paesaggio colmo di macerie. La seconda guerra mondiale portava in sé l’esito di una lunga storia che aveva trasforniato l’Europa in un grande mattatoio. Dal 1914 al 1945 decine di milioni di morti erano stai il risultato di quella che taluni storici hanno definito la la lunga guerra civile europea. Ma dentro quella guerra, come un buco nero nella storia della ragione umana, la realtà della Shoah, la vicende dello sterminio, l‘industria dello sterminio che si è prodotta non in qualche periferia arcaica e tribale ma nel cuore del ‘900, nel cuore della modernità europea, nella Mittel Europa in cui i lager non furono solo l’espressione di una macchina diabolica ma il trionfo di una idea, di una organizzazione sociale ed economica. I nostri padri costituenti avevano quindi uno scenario terribile.

Più tardi noi capimmo che il problema era piu complessivo, era quello cioè di fare i conti con totalitarismo del secolo, capimmo che c’era stata un’altra vicenda terribile dall’altra parte del mondo, in un altro punto cardinale: la vicenda dei gulag.

Quello che impressiona della riflessione nell’ambito della costituente, è anche la capacità di analizzare criticamente la fragilità della democrazia liberale, di guardare cioè il fatto che essa per tante ragioni consentì agevolmente al fascismo, che taluno interpretò come la possibilità di una parentesi, di poter diventare un regime reazionario di massa e quindi il suffragio universale fu uno dei primi elementi di trascendimento dei limiti e della fragilità della democrazia liberale.

Ma ci fu un altro punto che fa considerare ancora oggi la nostra costituzione uno dei testi più avanzati al mondo, l’elemento della cittadinanza sociale, della cittadinanza fondata sul lavoro e sull’abbattimento di tutte le barriere che inibiscono eguali diritti a tutti i cittadini.

Oggi credo, dovremmo riflettere sul nostro senso di responsabilità per cercare di capire cosa significa essere oggi classe dirigente. I nostri padri costituenti furono classe dirigente. Credo che il tema della legittimazione reciproca nell’ambìto degli schieramenti politici sia un punto assolutamente dirimente: Se la contesa politica è una continua forma di delegittimazione persino morale è difficile riuscire a risalire la china, E quel combatterci deve essere lo spunto per l’idea del nemico come paradigma della costruzione del lessico della politica, della grammatica e della sintassi della politica.

Voglio imparare dal mio avversario, non lo voglio solo distruggere, e penso che la politica basata sul concetto dell’amico—nemico sia un punto che riguarda I’ immaginario, il simbolico, la cultura diffusa, è un punto su cui dobbiamo compiere uno sforzo enorme.

Il mio non è un richiamo al bon ton istituzionale, una specie di richiamo al galateo e alle regole dell’eleganza, ma nella dialettica politica è un discorso di realismo. Siamo difronte a sfide inedite, enormi, gigantesche.

Nichi Vendola

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